Ormai da 5 edizioni il Settembre: Prato è spettacolo è diventata una piacevole tradizione di fine estate, prima della ripresa del lavoro e della scuola. In questi anni, da spettatore, da addetto ai lavori, ho visto crescere una realtà.

Prato è una creatura strana, una città di provincia pur potendo contare su circa 200.000 abitanti (la seconda città più grande della Toscana), una città multiculturale eppure legata a certe tradizioni che non moriranno mai e che rendono i pratesi orgogliosi (e i pratesi, credetemi, sono orgogliosi per natura).
L’operazione che ha portato avanti Fonderia Cultart in questi anni è un’operazione di educazione (o forse ri-educazione) culturale che ha rimesso questa città di provincia al centro, valorizzandone i luoghi (da Piazza Duomo, teatro del palco principale, a Officina Giovani, dove quest’anno sono andati in scena mostre e secret show, fino ad altri luoghi immersi nella città) e portando Prato a smarcarsi dall’ombra fiorentina e ad avere in città band del calibro di Interpol, dEUS, Einsturzende Neubauten e, quest’anno The Flaming Lips e Eels.

Proprio lo show doppio delle due iconiche rock band americane è sembrato qualcosa di irreale per la città, eppure è successo: Wayne Coyne ha cavalcato la folla nella sua bolla trasparente, ha solcato piazza Duomo in groppa al suo unicorno luminoso e tutti ci siamo chiesti: “Ma davvero sta succedendo a Prato?”. Sì, sta succedendo. E poco prima mr. E aveva deliziato tutti con un set energico e con quella “Novocaine for the soul” che pacifica le anime, sul serio.

Il pubblico è rimasto estasiato e, cosa da non sottovalutare, negli anni è cresciuto, di edizione in edizione: sembrava impossibile riuscire ad avere piazza Duomo piena ed invece Salmo aveva a saltare di fronte a sè tantissimi giovani lo scorso 30 agosto, così come Samuel lunedì 2 settembre ha raccontato a giovani e meno giovani (“nostalgici anni ’90” verrebbe da dire) cos’è stato “Microchip emozionale” per una generazione intera.

Carl Brave e Gazzelle sono stati la “quota indie” del 2019 e anche loro hanno fatto scoprire a tanti ragazzi venuti da fuori che in fondo Prato non si può identificare solo con i luoghi comuni che la descrivono da anni e che un live all’ombra del Pulpito di Donatello è qualcosa che loro stessi si ricorderanno bene, come se lo ricorderà sua maestà Mike Patton, che si è anche portato un pezzo importante di Prato nel suo mini-tour italiano, ovvero la Camerata Strumentale Città di Prato, memoria storica della città e suo fiore all’occhiello. L’ex frontman dei Faith No More è stato un paio di giorni in città per le prove e poi ha regalato alla città un live straordinario, coadiuvato da musicisti del calibro di Enrico Gabrielli, Vincenzo Vasi e Alessandro “Asso” Stefana, che lo ha visto cimentarsi con i classici della canzone italiana, riportando in scena a distanza di 9 anni “Mondo Cane”.

Un giorno potremo davvero raccontare di aver visto Mike Patton o Wayne Coyne proprio lì, all’ombra del Duomo, così come Coyne racconterà magari nel mondo che una volta ha fatto un soundcheck con le persone appena uscite dalla messa domenicale che lo applaudivano divertite.
Questo per dire che Prato è ormai ben più dei cliché con cui la si descrive, è ben più di una provincia e vuole ancora crescere.
Sognare è lecito, chissà, l’anno prossimo, chi avrà la fortuna di suonare su quel palco, illuminato dalla luna, con il Pulpito di Donatello a un passo…