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Vincenzo Nicolello

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Un Fabrique blindato ha ospitato l'artista americano

Metal detectors, security in stato di allerta, perquisizioni, questa è stata l’atmosfera che ha accolto il pubblico di John Grant al Fabrique di Milano.

D’altra parte dai gravi fatti di Parigi è passato davvero troppo poco tempo, per fare finta di nulla e pensare che nulla sia successo al Bataclan.

Meglio un controllo in più, dunque, per passare una serata divertente ed emozionante, grazie al concerto dell’artista statunitense, ex leader dei Czars ed oggi solista a tutto tondo.

Lo show non ha deluso i presenti. Lui ha una voce davvero possente e sul palco è accompagnato da musicisti di spessore. La sua proposta musicale è di base l’elettronica, ma gli sconfinamenti nel blues, nel rock e anche del pop, sono puntuali e gradevolissimi. A soddisfare l’occhio gli ottimi giochi di luce, alternati a videoproiezioni.

Ad aprire la serata una bella scoperta scandinava, gli islandesi Fufanu, con le loro contaminazioni dark e le improvvise esplosioni musicali e luminose.

L’organizzazione dello spettacolo è stata curata da Dna Concerti. Ecco la set list:

Intro; Grey Tickles, Black Pressure; Down Here; Geraldine; It Doesn’t Matter to Him; Pale Green Ghosts; Snug Slacks; You And Him; Guess How I Know; Glacier; Queen of Denmark; Marz; Gmf; Disappointing. Encore: Voodoo Doll; Where Dreams Go to Die; Drug; Caramel.

Foto e testo di Vincenzo Nicolello

Sarà il clima, sarà la line up, ma quest’anno Gruvillage, il festival musicale organizzato dal centro commerciale Le Gru di Grugliasco (To) ha fatto davvero il botto. Numerosi i sold out e numeri da record per una rassegna che è giunta alla decima edizione.

A chiudere il calendario degli spettacoli ci hanno pensato i 2Cellos, duo balcanico che ha trasformato i violoncelli in veri e propri strumenti di rock, anche duro.

Concertionline li aveva intervistati alcuni mesi fa (vedi l’articolo qui) e non ha perso l’occasione per seguirli nuovamente dal vivo. Stjepan Hauser e Luka Sulic hanno regalato 90 minuti di musica pura e coinvolgente. Mescolando il metallo alla musica classica, il pop al rock. Il pubblico numerosissimo ha accolto i due “gemelli” degli archi con un’ovazione ed i due ragazzi hanno ripagato l’apprezzamento con una bellissima esibizione.

Impossibile ricordare la scaletta. Quella ufficiale, distribuita prima dello show, è stata completamente stravolta. Ma poco importa. Quando di mezzo c’è la musica di qualità i titoli diventano un fatto secondario.

Testo e foto di Vincenzo Nicolello

 















La stagione del Gruvillage prosegue con il botto. Lo scorso 28 luglio, l’arena all’aperto del centro commerciale Le Gru di Grugliasco (To) ha alzato il cartello “sold out”.

Ospite della serata era Anastacia, stupenda interprete americana dalla pelle bianca, ma dalla voce soul.

Una cornice di pubblico esaltante per l’artista americana, apparsa emozionata, forse anche per la presenza dei genitori in platea.

Che dire di questo concerto? Bellissimo, intenso, coinvolgente. Anastacia è apparsa in splendida forma e, supportata da una band di altissimo livello, ha offerto il meglio si sé, proponendo brani del suo ricco repertorio, ma anche cover “metallare”, quali Back in Black (AC/DC); Sweet Child O’ Mine (Guns N’ Roses); Best of You (Foo Fighters).

Rispetto allo show invernale del Resurrection Tour, la produzione è apparsa minimale, stop a costumi, ballerini e video. Protagoniste sono state la musica e lei, l’inimitabile Anastacia.

Ecco la scaletta della serata.

Left Outside Alone; Staring at the Sun; Welcome to My Truth; Seasons Change; Pieces of a Dream; Heavy on My Heart; I Belong to You (Il Ritmo Della Passione); Cowboys & Kisses; Use Somebody (Interlude); Back in Black (AC/DC cover); Sweet Child O’ Mine (Guns N’ Roses cover); Best of You (Foo Fighters cover); Lifeline; Defeated; Stupid Little Things; Paid My Dues. Bis: Freak of Nature; One Day in Your Life; I’m Outta Love.

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Dopo 34 anni di onorata carriera, il gruppo francese Indochine è sbarcato in Italia, per un concerto evento al Fabrique di Milano. Non sappiamo, francamente, se questo appuntamento, andato  in scena nel giorno della Pasquetta, voleva essere il modo per far conoscere al pubblico italiano la band fondata da Nicola Sirkis, ma sta di fatto che tra i circa 1.300 spettatori assiepati nel locale meneghino, almeno il 90% arrivava dalla Francia, mentre erano pochissimi quelli che parlavano italiano.

Il “Black City Tour”, almeno per ciò che concerne la data italiana, non aveva nulla a che vedere con l’omonima serie di concerti che ha portato il gruppo in giro per i paesi francofoni, registrando una lunga serie di sold out.

L’allestimento era decisamente minimale. Anche la scaletta era più che altro una sorta di greatest hits, lasciando l’ultimo doppio album (Black City Parade) ad un ruolo poco più che marginale.

Chi era abituato a vedere gli Indochine esibirsi nel loro “substrato” ideale, probabilmente è stato un po’ deluso di questo show, in cui il frontman Nicola appariva un po’ sottotono e forse anche un po’ imbarazzato di trovarsi al cospetto di tanti connazionali, nonostante si fosse preparati qualche breve intermezzo in italiano e addirittura accennando qualche verso dei brani nella nostra lingua.

Per chi invece vedeva la band per la prima volta ha potuto scoprire come, al di là del logo fiammeggiante e hard rock, il repertorio sia una carrellata rock-pop. Niente di duro o di trascendentale. Assistere ad un concerto degli Indò significa divertirsi, ballare e sognare, quando vengono proposte romantiche ballate. Anche i fan sono da vedere. Belli, colorati, adoranti e truccati, per entrare a far parte di uno spettacolo nello spettacolo.

Resta un mistero di come l’Italia non li abbia mai “sdoganati”, visto che basta fare un chilometro oltre Ventimiglia per trovarsi al cospetto di una band in grado di riempire con fragorosi sold out lo Stade de France di Parigi, con un anno di anticipo rispetto alla data dei concerti. Sarà l’immaginario collettivo sbagliato? Sarà perché cantano in francese e non inglese? Ai posteri l’ardua sentenza.

A proposito di sold out: c’è da segnalare anche il “caso” dei biglietti per la data italiana. Mentre sui vari siti promozionali (ed anche sulle magliette ufficiali) era stato indicato il tutto esaurito, al botteghino erano ancora molti i tagliandi disponibili, ma questa pare una stranezza tutta italo-francese.

Altro giallo riguarda il batterista: assente lo storico Matu (François Matuszenski), sul palco è salito Ludwig Dahlberg degli The (International) Noise Conspiracy.

 

L’organizzazione è stata curata da Live Nation Italia.

Ecco la scaletta del Fabrique: Dancetaria, Marilyn, Alice & June, Kissing My Song, Traffic Girl, Miss Paramount, J’ai demandé à la lune, The Lovers, College Boy, Punishment Park, Medley Black City Club(Canary Bay, Des fleurs pour Salinger, Paradize, Satellite, Play Boy, 3ème sexe, Black City Parade). Seconda parte: Le Manoir, Kao Bang, Trois nuits par semaine, L’Aventurier, Europane ou le Dernier Bal. Bis: Salome, Kill Nico.

 

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Caparezza sbanca il Pala Alpitour di Torino e con Museica Tour II e regala al pubblico piemontese una serata indimenticabile.

Michele Salvemini (questo il vero nome della testa riccia pugliese) sul palco ci sa fare eccome, salta, balla, si dimena e soprattutto regala coreografie sorprendenti. Il suo non è solo un concerto, ma una vera e propria sceneggiatura, con cui ambienta ogni singolo pezzo. Sabato scorso, per oltre due ore il buon Caparezza ha tenuto fede alle promesse della vigilia, trasformando l’impianto torinese in una sorta di museo, in cui tutte le opere d’arte erano i brani della sua ormai ventennale carriera. Pezzi vecchi e nuovi si sono fusi in un concept show, che non ha registrato un attimo di pausa.

Al suo fianco una band di grandi musicisti. Caparezza è da annoverare tra i rapper italiani, ma il suo vero segreto, oltre ai testi mai banali è la colonna sonora. Dalla Pizzica al metal, dal rock al reggae ci si accorge che nel dna dell’artista (e dei suoi compagni di viaggio) c’è una grande opera di ricerca.

Insomma uno spettacolo bellissimo, con qualche eccesso tra il pubblico, che a volte dovrebbe ricordarsi che la musica è festa e non guerra.

L’organizzazione della serata è stata affidata a Hiroshima Mon Amour di Torino.

Ecco la scaletta proposta. Mica Van Gogh, Abiura di me, Sono il tuo sogno eretico, Teste di Modì , Nessuna razza, Follie Preferenziali, Comunque Dada, Il dito medio di Galileo, Cover, China Town, Eroe, Argenti vive, Ilaria condizionata, Figli d’arte, Non me lo posso permettere, Vieni a ballare in Puglia, Fuori dal tunnel, Avrai ragione tu (Ritratto). BIS: La fine di Gaia, Legalize the Premier, Goodbye Malinconia

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Ricomincia il tour dei Verdena, che andrà a far visita a tantissimi club della Penisola, in attesa dei concerti estivi. La tappa torinese di venerdì scorso è stata ospitata dal Cap 10100, un locale situato a pochi passi dal Po e dai Murazzi. La sala era strapiena, ma la cosa non stupisce, visto che ormai la band bergamasca ha raggiunto l’apice del gradimento, nella scena underground. L’ultimo album Endkadenz (o per meglio dire la prima parte) ha raccolto un ottimo risultato nelle vendite e i fan hanno evidentemente voglia di vederli all’opera sul palco.

Così come è già successo nelle prime date del tour di inizio marzo, purtroppo sono emersi notevoli problemi tecnici, dettati dal desiderio di fondere suoni molto diversi tra di loro: sia analogici che digitali ed elettronici. Anche a Torino si è registrata una lunga attesa, prima che anche il suono della chitarra di Alberto Ferrari entrasse pulito nel mixer. L’attività febbrile per superare l’impasse ha in qualche modo innervosito i ragazzi, che sono stati prontamente incoraggiati dal pubblico.

Poi il concerto è entrato nel vivo. Due ore di spettacolo puro, tra suoni cupi e distorti e melodie. I fratelli Ferrari e Roberta Samarelli non hanno deluso: la musica ce l’hanno nel sangue e quando salgono sul palco la gente se ne accorge e gode.

Ecco la setlist dello show (salvo errori ed omissioni). Ho una fissa; Un po’ esageri; Sci desertico; Loniterp; Vivere di conseguenza; Contro la ragione; Rossella; Derek; Starless; Attonito; Lui gareggia; Caños; Nevischio; Trovami un modo semplice per uscirne; Razzi arpia inferno e fiamme; Inno del perdersi; Valvonauta; Puzzle; Miglioramento; Muori delay; Rilievo. Bis: Luna; Ovunque; Don Calisto; Funeralus.

A cura di Vincenzo Nicolello

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Per chi gli anni ’80 li ha vissuti da ventenne, il giudizio che stiamo per darvi sullo show degli Spandau Ballet potrà apparire scontato. Ma chi vi scrive ha all’attivo almeno un centinaio di concerti all’anno e quindi dire che l’esibizione torinese di giovedì scorso è stata perfetta, significa tributare un grande complimento alla band inglese, ritornata sul palco con il “Soulboys of the Western World Tour”

Tony Hadley, i fratelli Kemp, Steve Norman e John Keeble hanno affascinato i circa 5 mila spettatori del Pala Alpitour, con due ore di spettacolo puro. I vecchi rancori sono sorpassati e i 5 musicisti anglosassoni pare proprio si divertano a suonare e cantare.

Gli anni hanno un po’ offuscato il loro fascino “new romantic” ma in compenso hanno regalato un maturità artistica e musicale davvero invidiabile. Hadley ha una voce piena e potente, che non subisce flessioni nel corso dell’esibizione. Steve Norman pare un grillo, salta, soffia nel suo sassofono, appaia Keeble nella ritmica con la forza di un ventenne. I virtuosismi dei fratelli Kemp, lasciano allibiti. C’è da sorridere ad ascoltare quei critici che parlano di una revival band.

Il passato ed il presente sono fusi in uno show equilibrato. Ogni singolo brano è una hit da ballare e da cantare. Anche il pubblico, che avrebbe dovuto stare seduto in platea, non ha resistito. E’ bastato un piccolo segnale di Tony, per scatenare una marea umana che ha invaso la sala fino a raggiungere le transenne a protezione del palco.

Onore, dunque, ad un gruppo che sa suonare e conosce bene le modalità per conquistare chi sta ai piedi del palco. Da segnalare, infine, anche un momento di commozione, quando gli Spandau hanno reso omaggio a Steve Strange, il frontman dei Visage, recentemente scomparso. A lui è stato dedicato il Blitz Medley.

Questa la scaletta del concerto:

Soul Boy; Highly Strung; Only When You Leave; How Many Lies; Round and Round; This Is the Love; Steal; Chant No 1 (I Don’t Need This Pressure On); Blitz Medley: Reformation / Mandolin / Confused / The Freeze; To Cut a Long Story Short; Raw; Glow; Empty Spaces (Acustico); Gold (Intro acustico); Once More; I’ll Fly for You; Instinction; Communication; Lifeline; True; Bis: Through the Barricades; Fight for Ourselves; Gold.

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…e così si è arrivati alla fine della settimana sanremese. Tirando le somme è stato un Festival come ce lo saremmo aspettati: la conduzione di Carlo Conti ha mantenuto le aspettative (sicuramente quelle della RAI, per gli ascolti finalmente in ripresa) ed è riuscito a traghettare le serate in porto senza troppi malumori o polemiche. Del resto da più parti si è sempre guardato al presentatore come al degno successore catodico di Pippo Baudo: gusto nazional-popolare per accontentare gli spettatori sia per quanto riguarda le scelte canore sia per il divertimento a 360 gradi; ecco quindi il film da pubblicizzare che andrebbe comunque bene nelle sale, ecco il comico con l’umorismo accessibile a tutti, o l’ospite che già riempie le pagine dei giornali e le trasmissioni televisive. Si potrebbe obiettare un livello qualitativo medio, ma non si può però negare a questo Festival di aver offerto finalmente anche qualche canzone memorabile. In primis la “rinascita” musicale di Nek (ed il “thriller” della classifica parziale sbagliata) che ha presentato un brano dall’arrangiamento moderno “Fatti avanti amore”: tema perfetto per la serata finale del 14 febbraio, e che ha vinto il Premio della Sala Stampa intitolato a Lucio Dalla, nonché il premio come migliore arrangiamento ed il secondo posto assoluto. La canzone intimista di Malika Ayane che ha conquistato il Premio della Critica dedicato a Mia Martini ed il terzo posto. Parecchie ballate dal ritornello accattivante : Nesli, Fragola, Grignani. Annalisa, Chiara, solo per citarne alcune, ma tutte interpretate con quel pathos che “arriva” anche al pubblico che guarda il Festival da casa. Il vincitore non poteva essere che Il Volo, il gruppo dei tre “tenorini” che ha già avuto successo nel mondo e su cui la Sony ha scommesso perché potesse essere finalmente anche “profeta in patria”. A loro l’onore di rappresentare l’Italia all’ Eurofestival 2016 nella Vienna di Conchita Wurst, ospite proprio di questa edizione di Sanremo. Per il prossimo anno già si sa: “squadra vincente non si cambia” e così ci ritroveremo Carlo Conti alla guida del Festival targato 2016. Non sarà di certo una scelta avventurosa ma siamo certi che la maggioranza delle persone si sentirà almeno rassicurata sulla qualità del prodotto che verrà loro offerto.

FOTO VINCENZO NICOLELLO – TESTO AURELIO HYERACE

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Ancora poche ore e conosceremo il vincitore di Sanremo 2015. I bookmaker non lasciano spazio a dubbi: il Volo parte in assoluta pole position. Anche l’Ariston, teatro del nazional popolare continua a tributare ovazioni ed applausi, ogni volta che i tre ragazzi salgono sul palco.; La finale del Festival metterà sul palco 16 big (Biggio e Mandelli, Raf, Anna Tatangelo e Lara Fabian sono stati eliminati).

Si giocheranno la vittoria Annalisa: Una finestra tra le stelle; Malika Ayane: Adesso e qui (Nostalgico presente); Bianca Atzei: Il solo al mondo; Alex Britti: Un attimo importante; Chiara: Straordinario; Dear Jack: Il mondo esplode tranne noi; Grazia Di Michele e Mauro Coruzzi (Platinette): Io sono una finestra; Lorenzo Fragola: Siamo uguali; Irene Grandi: Un vento senza nome; Gianluca Grignani: Sogni infranti; Il Volo: Grande amore; Nesli: Buona Fortuna Amore; Nek: Fatti avanti amore; Marco Masini: Che Giorno è; Moreno: Oggi ti parlo così; Nina Zilli: Sola.

Ad aprire la parata degli ospiti la PFM con la Banda dell’Esercito Italiano per ricordare i 100 anni dalla Prima Guerra Mondiale. Salta il duetto di Gianna Nannini con Massimo Ranieri (malato) e quindi la cantante senese canterà da sola ‘O Sole Mio. Enrico Ruggeri regalerà un omaggio a Gaber, Jannacci e Faletti con “I Tre Signori e come superospite internazionale Ed Sheeran. Sul palco saliranno anche Will Smith, per presentare il suo film Focus: niente è come sembra e Giorgio Panariello. Ma le sorprese, anche questa sera, non mancheranno.

Atteso anche Giovanni Caccamo, il vincitore delle nuove proposte, che riproporrà il suo brano.

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Sanremo entra nel vivo e questa sera pronuncerà alcuni verdetti. Quattro dei big andranno a casa, mentre per i giovani è già il momento della finale, con tanto di proclamazione del vincitore.

Ma andiamo con ordine, facendo un passo indietro. Ieri sera, una prima gara si è conclusa con un vincitore. Nek ha trionfato nel contest dedicato alle cover, presentando una fantastica riedizione di  “Se telefonando”. A lui è andato il trofeo “Cover” dedicato ad una nuova varietà di rosa inventata dai floricoltori sanremesi.

Altro verdetto della finale è stata l’eliminazione di altri due giovani: Rakele e Serena Brancale. Stasera i superstiti si sfideranno a coppie: Amara (codice televoto 21) contro i Kutso (cod.22). Quindi Enrico Nigiotti (cod.23) sfiderà Giovanni Caccamo (cod.24). Gli abbinamenti sono stati sorteggiati nell’Ariston Roof in mattinata. I vincitori delle due sfide si contenderanno la vittoria finale.

Tra i big questa sera ci saranno 4 eliminazioni. I 16 superstiti saranno sul palco domani sera per contendersi la Palma del Festival. Questa sera, inoltre, la sala stampa assegnerà anche i premi della critica. Questa mattina sono stati allestiti i seggi per le votazioni.

Ricco anche questa sera il parco ospiti. Già ufficiale la presenza di Giovanni Allevi, The Avener e Virginia Raffaele. Ma non mancheranno altre improvvisate dell’ultima ora.

Intanto prosegue il successo di pubblico e degli ascolti in tv. La puntata di ieri sera è stata un altro successo come ha commentato in conferenza stampa il presidente Rai, Leone: «Lo slogan Tutti cantano Sanremo si sta traducendo in Tutti guardano Sanremo. Il picco d’ascolto è stato ottenuto mentre cantava Anna Tatangelo (14.686.000), quello di share con Malika Ayane (61,1%). L’età media dei telespettatori è di 53 anni, per il 68% donne e per il 32% uomini…».

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