UNALTROFESTIVAL al Circolo Magnolia: giorno 1

UNALTROFESTIVAL al Circolo Magnolia: giorno 1

UNALTROFESTIVAL, la due giorni di musica organizzata da Comcerto, giunge quest’anno alla quarta edizione e regala, sempre nella cornice verde dell’idroscalo, una programmazione ricca più che mai.

I cancelli aprono presto e la gente inizia ad arrivare subito. I palchi sono due, ed è sul più piccolo che puntuali iniziano ad esibirsi i Sunday Morning, band romagnola con una storia comune ai tanti che spesso cercano di vivere di musica ma alle volte faticano. Iniziano a suonare una decina d’anni fa, poi si fermano, poi si ritrovano e fanno uscire un secondo disco che stasera presentano, dal titolo Instant Lovers. Il classic rock come riferimento ma una storia che matura nella provincia italiana, la musica dei Sunday Morning è forse più ibrida di quanto loro stessi pensino. Sul palco hanno una buona energia, il pubblico non li conosce ma sembra apprezzare.
Non c’è tempo nemmeno per un drink, cambio di palco, altra band. Il nome Landlord dirà qualcosa agli appassionati del talent X Factor dato che il gruppo ha preso parte all’ultima edizione del programma. La visibilità offerta dall’esperienza televisiva ha portato alla pubblicazione loro ep di debutto Aside (INRI). Ringraziano e si dicono emozionati per l’opportunità, è la prima volta volta che presentano il nuovo singolo live. Cantano in inglese, la loro è un’elettronica di classe che alterna episodi pop (Get By) a momenti più raffinati (Venice). Sono giovani, con poca esperienza alle spalle ma senza dubbio capaci e interessanti.

Ci si sposta di nuovo per i The Strumbellas, band canadese con radici country ma un piede ben piantato nel pop. Nati sotto un etichetta indipendente con la quale pubblicano il primo disco My Father and the Hunter (2012), oggi sono qui per presentare Hope, uscito da qualche mese.
Formazione classica con tutto l’indispensabile (acustica, elettrica, basso, batteria, tastiere, violino quando serve) sono bravi ma ascoltandoli in radio verrebbe da pensare a una carenza di personalità che rischi di farli annegare nell’oceano delle band simil-folk che da anni spuntano come funghi. E invece no: Simon Ward, chitarra e voce, ha energia da vendere, canta e balla a piedi nudi, intrattiene il pubblico. Il simpatico nerd Dave alle tastiere, azzarda qualche parola di italiano, Isabel Ritchie suona al violino e balla in maniera scomposta ma contagiosa. I fans sono numerosi ed entusiasti. Un pezzo dopo l’altro We Don’t Know, Wars, Young & Wild e l’allegria contagia anche i più scettici. Dopo aver mostrato il doppio disco di platino, la chiusura con la hit Spirits fa cantare davvero tutti.

Ed ecco arrivato il momento del primo dei due headliner della serata: Edward Sharpe & The Magnetic Zeros. Il carrozzone hippie capitanato di Alex Ebert fa il suo ingresso sul palco. Una band che è più simile a una comune, in cui chi vuole va e poi torna (stasera sul palco sono in otto ) che vive la musica come comunione e creazione. Unaltrofestival non è Monterey, verrebbe da dire, e in più il nuovo disco PersonA è un lavoro molto diverso rispetto ai precedenti. Ma con Alex Ebert non si sa mai, e infatti del nuovo disco neanche l’ombra. La scaletta non c’è, le canzoni vengono proposte dal pubblico, l’anarchia regna sovrana.
Ebert passa quasi tutto il tempo a girovagare, canta in piedi sulle transenne, racconta e chiede gli vengano raccontate storie. 40 Day Dream per iniziare, poi Mayla e Truth e i fans sono in delirio. La band segue le improvvisazioni del suo frontman che non ha davvero freni: voce magica, presenza scenica, energia che regala al pubblico e il pubblico restituisce quadruplicata. Una ragazza nelle prime file ha avuto la splendida idea di portare con sè una sparabollle ed è tutto ancora più bello. A Man On Fire, insomma, come da titolo. C’è spazio anche per qualche riflessione sui massimi sistemi everything dies, don’t you think? (la bottiglia di vino rosso appoggiata sul pianoforte aiuta). Up From Below e Janglin’ e l’estasi è definitiva. Ebert parte e scappa, fa abbassare tutti giù per terra e canta con loro. Ed ecco arrivato il momento della sempre invocata Home. Gli Edward Sharpe & The Magnetic Zeros sono sono una band come le altre ma una vera e propria banda e, con trombe e tromboni, garantiscono una festa di qualità.

L’ultimo artista della serata impone un cambio d’atmosfera repentino: Daughter, il trio londinese capitanato dalla bellissima Elena Tonra. La cifra stilistica della band ormai inconfondibile per i fan e non solo: delicatezza, atmosfere rarefatte in cui a risaltare sono è una voce incantevole. Un set perfetto, equilibrato e coinvolgente. Tra il pubblico c’è chi ipotizza una natura angelica della leader, « altrimenti non si spiega », dicono. C’è modo di ascoltare i brani più acustici del primo sorprendente lavoro If You Leave (Human, Shallows, Smother) assieme a quelli il nuovo LP Not to Disappear, uscito a gennaio per la 4AD, decisamente più elettrico e con qualche episodio inaspettato. Una specie di strana quiete pervade i presenti: l’atmosfera è compatta e malinconica. La timidezza di Elena Tonra che riesce a malapena a sussurrare impercettibili “thank you so much” fa sorridere tutti, il chitarrista Igor Haefeli interviene in suo soccorso. Si passa alla lentezza esasperata con liriche strazianti del primo singolo Numbers, all’incredibile ultimo singolo No Care. Più parlata che cantata, col suo ritmo sincopato toglie il respiro e mostra la cantante  da un’altro punto di vista : la dea algida si lascia andare alla passione si sporca di rabbia. Ma ricomporsi è un attimo ed ecco arrivare Youth (chi non era qui per questo?) We are the reckless / We are the wild youth / Chasing visions of our futures. Nient’altro da aggiungere, tutti a casa con gli occhi lucidi e il cuore contento.

E stasera tutti di nuovo in pista con Editors e Ministri (ma anche Flo Bo Riva, Birthh e Flo Morrisey)

[Report: Laura Antonioli   –   Foto. Francesca Di Vaio]

 

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