Crono, Palazzo d’inverno: “La percezione popolare della musica da club è quella...

Crono, Palazzo d’inverno: “La percezione popolare della musica da club è quella cafona descritta dall’ultimo Sorrentino”

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Le sue performance, più che semplici dj set, sono delle vere e proprie installazioni artistiche: stiamo parlando di Crono, dj nostrano quasi totalmente avvolto nel mistero, che recentemente si è fatto notare – soprattutto in Europa – grazie alla pubblicazione della la sua opera prima, “Palazzo d’inverno”. Presenza fissa presso lo storico club milanese Plastic, resident dell’evento “Città invisibile”, questo artista visivo, dj e produttore – che abbiamo anche potuto apprezzare un paio di settimane fa sul palco del Festival indipendente MI AMI – ha una visione del tutto personale e significativa del proprio lavoro.

Se per molti ‘dj set’ significa solamente (s)ballare e divertirsi, e la maggior parte dei dj produce musica seguendo questo presupposto, certamente di Crono non si può dire la stessa cosa. Lo si capisce immediatamente, a partire dall’apertura di alcune sue esibizioni realizzata diffondendo una poesia recitata da Ferretti (CSI): “Si tratta di una poesia scritta da un poeta jugoslavo sulla guerra che ha dilaniato il suo paese. Mi piace quel testo perché racconta la tenebra di quella guerra specifica e della guerra in generale, ma non solo. Descrive uno scenario distopico, un futuro inquietante, un pericolo imminente non necessariamente legato ad un conflitto. La mia musica però non è solo tenebra. Voglio dire: uso spesso quella poesia perché descrive un’umanità stupida, cattiva e suicida come premessa dalla quale iniziare il mio set che è narrazione, pensato per toccare le corde dell’animo umano che non siano solo buio e nebbia. Anzi, gli arpeggi portano su, staccano dal corpo, la metafora del sogno come unica alternativa alle lacrime ed alla sofferenza del corpo, della realtà; il concetto della catarsi. Credo nel ballo come ultima forma di liberazione nella società contemporanea. Perché sia completo, perché il rito funzioni ogni componente deve essere al suo posto, il set deve essere impeccabile per gusto e tecnica. E’ quello che ho tentato di fare, è quello che cerco ogni volta che metto i dischi. Iniziare un set con una poesia è funzionale a tutto questo, espediente usato per parlare non solo al corpo dello spettatore, ma anche alla sua testa e al suo spirito, nel caso ne fosse fornito”.

L’EP sopra citato, porta il marchio dell’etichetta tedesca Kompakt Records, e ha permesso a Crono di esibirsi in molte location situate in giro per il vecchio continente. Esistono però anche molte difficoltà per chi sceglie questa tipologia di musica, e il problema principale è l’arretratezza dell’Italia per quanto riguarda il settore sperimentale ed elettronico, come Crono stesso spiega: “Il fatto che un italiano debba uscire su una label tedesca la dice lunga sul deserto che è l’Italia per quello che riguarda l’elettronica intelligente. Condizione consona di un paese provinciale, i cui unici tassi in salita sono quelli dell’ignoranza pro capite. Chi produce e segue questo tipo di elettronica in Italia sono minoranze coraggiose e marginali. La percezione popolare della musica da club è quella cafona descritta dall’ultimo Sorrentino (il film ‘La grande bellezza”, ndr): primati che ballano hit radiofoniche con il cocktail verso il cielo”.

La situazione descritta da Crono pone alla nostra attenzione una scena elettronica lobotomizzata, desertica e per niente recettiva (da parte di pubblico e protagonisti diretti): la strada per chi volesse intraprendere questo arduo percorso con intenti simili è dunque quasi impossibile da percorrere, almeno per quanto riguarda il nostro paese.
Attualmente il dj sta lavorando in studio al suo prossimo EP, per tornare a vederlo dietro alla consolle quindi dovremo attendere la fine dell’estate in corso.

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