UNALTROFESTIVAL al Circolo Magnolia: giorno 2

UNALTROFESTIVAL al Circolo Magnolia: giorno 2

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Seconda e ultima serata di un UNALTROFESTIVAL. Stavolta all’ingresso la coda è infinita, dando un’occhiata alle t-shirt si direbbe siano tutti qui per Editors e Ministri, e infatti il pezzo forte della serata sono proprio loro.

Ma è giusto e bello dare spazio a un po’ di musica altra, magari nuova e meno mainstream. Apre le danze Birthh, all’anagrafe Alice Bisi, 19 anni appena. Nonostante la giovane età, ha calcato diversi palchi europei e qui si è già vista in occasione del Mi Ami. Ha più di una cosa in comune con i Daughter, visti ieri sera sul palco qui a fianco, ossia intimismo e modalità di scrittura. A tratti anche la sua voce è simile a quella della cantante della band inglese anche se su un altro livello. A fare la differenza è la natura molto più elettronica delle sue composizioni (facile pensare a The xx e simili). L’esibizione è regolare e senza grandi slanci ; accompagnata dai suoi musicisti, presenta i brani del primo disco Born In The Woods, uscito a febbraio.

Sul main stage arriva la prima dei tre artisti internazionali della serata : Flo Morrisey. La cosa che colpisce vedendola entrare in scena con il suo abito verde è senza dubbio la bellezza angelica. Classe 1994, nata a Londra, inizia a comporre da adolescente e, dopo alcuni singoli, dà alle stampe nel 2015 il primo album Tomorrow Will Be Beautiful. Un modern folk il suo, caratterizzato da una grazia davvero notevole. Pizzica le corde della sua chitarra, canta d’amore e di sé con voce da usignolo: gorgheggi, yodeling e falsetto, chiudendo gli occhi si potrebbe anche pensare di essere finiti al Laurel Canyon negli anni ’70. Invece siamo a Segrate ma guarda caso il sole sta tramontando, l’atmosfera c’è. Show me, Pages of Gold e una cover del brano dei Tuxedomoon, In a Manner of speaking. Set breve ma intenso, voce e chitarra ma non serve altro, verrebbe da dire.

Birra alla mano, ci si sposta spinti da curiosità e si trova la sorpresa: Fil Bo Riva. Praticamente uno sconosciuto, ma vedendolo salire sul palco non si può non essere colti da epifania. Nato a Roma, vive a Berlino da anni e di anni ne ha solo 23. È uscito ad agosto il videoclip di Like Eye Did, ad anticipare la pubblicazione del suo ep di debutto If You Are Right, It’s Alright, che ascolteremo fra una ventina di giorni. Songwriter talentuoso, dotato di un timbro vocale straordinario che da solo basterebbe a garantire intensità e bellezza. Sul palco sono in due, belli e vestiti uguali, l’equipaggiamento è scarno (dichiarano di non avere un soldo): chitarra acustica, elettrica, bass drum, tamburello mezza luna. Suonano bene, benissimo una musica che si colloca a metà tra il folk e il soul, che è si malinconica ma anche estremamente dinamica. All’inizio il pubblico è scarso ma presto inizia ad avvicinarsi in massa, attirato dalla sua voce potente e che non merita paragoni scontati. Un’artista da non perdere di vista, senza ombra di dubbio.

Dici Magnolia, dici Ministri. E infatti eccoli tornare qualche mese dopo il set speciale in occasione del Mi Ami per celebrare il compleanno del loro primissimo album I soldi sono finiti. Stasera a compiere gli anni è Federico Dragogna (chitarra e penna), e Davide Autelitano (basso e voce), Michele Esposito (batteria) e Marco Ulcigrai (chitarra aggiunta) sono come sempre con lui. C’è qualcosa di strano, di diverso dal solito, chi li segue da anni non può non averlo notato. L’istinto animale che li anima dal vivo non manca, sia chiaro, eppure il live è sottotono. Parlano poco anzi per niente se non per introdurre Idioti (unico altro brano in scaletta da Cultura Generale), dedicata a chi non è riuscito a stare zitto, soprattutto sul web, in giorni drammatici come quelli del sisma che ha colpito il Paese. Cronometrare la polvere, Comunque, Spingere, Non mi conviene puntare in alto, i fan ovviamente rispondono a squarciagola perché il voler bene non si perde nei dettagli e non analizza al microscopio le mancanze. Forse i quattro sono stanchi, d’altronde sono in tour da quasi un anno e non si sono mai fermati, sarebbe comprensibile. Nel pubblico spunta Fil Bo riva che ovviamente non li conosce e sembra un po’ perplesso. C’è anche una giovane famiglia, padre madre e due figli piccoli, che canta ogni canzone. Vedere una bambina gridare parole parole pesanti come quelle di Tempi bui fa effetto (chissà se mamma gliele avrà spiegate senza renderla triste). Sicuramente rende bene l’idea di ciò che la musica dei Ministri rappresenta in una realtà come la nostra. Canzoni viscerali che servono a ricordare ciò che dovremmo essere anche se facciamo sempre più fatica. Non a caso si chiude con Abituarsi alla fine; speriamo solo non stiano faticando troppo anche loro a continuare a crederci, sarebbe un peccato perderli.

Ultimo atto di questa due giorni sono i britannici Editors. Quando si parla di loro le motivazioni per pagare il biglietto sono diverse e sempre valide. C’è chi vive un amore platonico non corrisposto per Tom Smith, chi è affezionato alla perfezione rock dei primi lavori, chi ha apprezzato il marcato ritorno ai suoni New Wave degli ultimi dischi (dal 2013 con lo strabiliante In This Light and On This Evening il solco tracciato era quello). Quella degli Editors è una band che da quindici anni ormai sa cambiare pelle ma dal vivo, come sempre, offre il meglio di sè. Si inizia con No Harm e la voce di Tom Smith, di bianco vestito, che squarcia il buio e le atmosfere cupe. Poi le più datate Smokers Outside The Ospital Dors e Rancig Rats, il pubblico canta, Smith e il bassista Russell Leetch, pollici in alto, approvano a più riprese. L’energia e il linguaggio del corpo del frontman sono ormai celebri e come sempre coinvolgenti. È un continuo alternarsi di atmosfere e stati d’animo: dal nero claustrofobico di Eat Raw Meat = Blood Drool alle aperture di A Ton of Love, all’esultanza da stadio per Papillon. Un’ora e mezza in cui nessun membro della band si risparmia, dando tutto ciò che può per ricambiare l’entusiasmo. Si chiude con Marching Orders (dall’ultimo LP In Dream) che parte piano per arrivare all’esplosione definitiva: otto lunghi minuti adatti per salutarsi come si deve, dandosi appuntamento alla prossima.

Per chi ancora non ha sonno, si continua con l’aftershow di Hunter/Game E Nowhere Music. Ancora una volta UNALTROFESTIVAL è stato bello, appuntamento all’anno prossimo.

[Report: Laura Antonioli  –  Foto: Francesca Di Vaio]

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